La scena rock svizzera
degli anni Settanta non fu per nulla ricca di sfumature e innovativa
come quella delle confinanti Francia, Germania o Italia, e per
transività , non ebbe neppure il fervore del contesto svedese e inglese.
Probabilmente anche la scena rock della penisola balcanica,
nonostante il perdurare del regime sovietico, ebbe un maggior ventaglio
di proposte musicali, per quanto non sempre di elevata qualità e
comunque non di raro strettamente dipendenti dai modelli anglo-sassoni,
nonché bloccate nell’esigenza primaria di esprimere in maniera più
diretta ed efficace la necessità di una riforma sociale sempre più
invocata dalle masse popolari. La sua posizione geografica poneva però
la Svizzera facilmente vicina all’orbita teutonica del novello krautrock e della Kosmische Musik
dove Amon Duul II, Popol Vuh, Tangerine Dream, Faust, Can,Ash Ra
Tempel, Klaus Schulze, Kluster e Kraftwerk ne avrebbero concepito i
momenti più emozionanti ed esplorativi, lontani miglia da qualsiasi
referente col reale concreto e palpabile, delegando esclusivamente alla
mente il potere di sondare nuovi mondi invisibili dove poter colonizzare
lo spazio di un necessario ed infinito percorso di redenzione
spirituale. L’immaginario musicale dei Brainticket, formazione
svizzera, ma guidata dal belga Joel Vandroogenbroeck, rispondeva
efficacemente a questa priorità esistenziale d’anelito verso un nuovo
cosmo psicologico… già manifestatasi nel primo album Cottonwood Hill
del 1971. Qui il flauto orientalizzante di Vandroogenbroeck scandisce
i tempi e dialoga magicamente con la spasmodica e riverberata voce
femminile nel brano Places Of Light… Ma l’apoteosi assoluta è già raggiunta nella suite Brainticket
suddivisa in tre sezioni…Lo schema ricalca lo stesso motivo d’organo e
di percussioni per 26 minuti, sul quale vengono ricamamati come in una
minuziosa tela di Penelope una miriade di suoni naturali e
artificiali…un concerto di musica concreta di rara inventiva…mentre la
performance vocale di Dawn Muir è agghiacciante…urla…gemita…gode…il suo
respiro è affannoso…è semplicemente la preda di un orgasmo totale…nel
rituale indigeno di una oscura psichedelia erotica. L’idea di base dei
Brainticket è quella di fondere i suoni elettronici con le variegate
sonorità esotiche, come si evince più esplicitamente nel secondo Psychonaut del 1972, dove il flauto fa sempre da padrone e Ragaduca e Coc’O Mary sono due esempi altissimi della padronanza stilistica dei Brainticket che suggellano poi il loro testamento artistico nel concept mitologico egiziano di Celestial Ocean
del 1974, con una musica ancora più flussuosa, con magici inserti di
percussività elettronica tribale dispersi in vortici cristallini di cori
dalla provienenza sconosciuta. Con Celestial Ocean
il viaggio nell’Io più profondo raggiunge un punto di non ritorno…la
terra è ormai lontana e il rito iniziatico ispirato al libro egiziano
dei morti ha prodotto il suo indelebile e teraupetico effetto. I
successivi Adventure del 1980 e Voyage
del 1982 proseguono del resto sugli stessi sentieri galattici,
immortalando il sound lisergico ed allucinogeno dei Brainticket
nell’empireo supremo della Kosmische Musik europea. Anche i dischi solisti di Vandroogenbroeck sono di tutto rispetto, soprattutto il panteistico Images Of Flute In Nature
dove approfondisce le sperimentazioni precedenti ma con pulsazioni
meditative più distese e pacate. Un'altra costola dei Brainticket è poi
rappresentata dal progetto Drum Circus, dove accanto al solito
Vandroogenbroeck c’è anche il batterista Peter Giger dei Dyzan, altra
formazione tedesca di notevole suggestione, pionera insieme agli Embryo
del più originale jazz-rock-etnico degli anni Settanta. Magic Theatre,
l'unico album pubblicato nel 1971, è un ennesima perla di una medesima
poetica a cavallo tra occidente ed oriente, elettronico ed acustico,
folk e jazz. L’unica altra band svizzera di quell’epoca degna di nota
sono i Krokodil, dediti ad un robusto rock-blues psichedelico supportato anche dall’utilizzo del sitar, formula che raggiunge il vertice espressivo nei 15 minuti di Oddyssey In Om, contenuto nel loro capolavoro An Invisible World Revealed
del 1971. L’influenza della musica indiana è del resto sempre presente
nei loro dischi grazie anche alla presenza delle tablas e del flauto…che
disegnano momenti d’intenso edonismo che si alternano a momenti più
aggressivi dove le parti chitarristiche possono essere memori del sound West Coast di
Grateful Dead o Country Joe & The Fish e si omegenizzano
perfettamente con un’onnipresente armonica sempre in grande spolvero.
(a cura di Andrea Maria Simoniello)
Discografia
Brainticket
Cottonwood Hill 1971
Psychonaut 1972
Celestial Ocean 1974
Voyage 1980
Adventure 1982
Joel Vandroogenbroeck
Images Of Flute In Nature 1978
Drum Circus
Magic Theatre 1971
Krokodil
Krokodil 1969
Krokodil 1969
Swamp 1970
An Invisible World Revealed 1971
Getting Up For The Morning 1972
Sweat Up For The Morning 1973
Sweat Up For The Morning 1973
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