lunedì 21 ottobre 2013

Taj Mahal Travellers



(a cura di Mario Cornacchia)

Gruppo errante giapponese, i Taj Mahal Travellers suonarono durante il loro viaggio da Amsterdam fino al Taj Mahal, in India. Il viaggio, carico delle metafore che comporta, durò due anni, e fu documentato da registrazioni ambientali poi raccolte su due album, uno datato 1972 e l'altro 1974. I titoli degli album sono semplicemente gli anni di registrazione, quelli delle tracce sono gli orari di inizio e fine, come nel caso del primo disco, o numeri romani, a confermare lo spirito di improvvisazione totale ricercato dal gruppo. E' lecito supporre infatti che gran parte della musica suonata da questi "guru" non sia stata registrata, dato che i Taj Mahal Travellers amavano suonare all'aria aperta e in totale fusione con la vita che conducevano, senza quindi quella lacerazione che l'industria discografica ha acuito.
Il disco August '74 è un doppio LP con quattro improvvisazioni psichedeliche attorno ai venti minuti, una per facciata. L'induzione ad un ascolto spirituale è data dalla lentezza e dalle variazioni di volume, oltre che dall'approccio mistico adottato, e da un'elettronica iper-dilatante. Lo stato alterato in cui ci si trova fin dalle prime note stimola la meditazione, la trance, e fa acquisire una visione nitida al terzo occhio non appena ci si stende ricercando attraverso la deconcentrazione una più profonda concentrazione .
L'invocazione degli strumenti si concretizza gradualmente, in modo ripetitivo e minimale, come percezioni in un ambiente naturale su una risacca di droni, generando visioni inquietanti o rassicuranti ma sempre passeggere. I canti sono a tratti cori tibetani, a volte sussurri solitari oppure dialoghi con l'eco elettronica o con altre entità non meglio specificate lasciate all'immaginazione dell'ascoltatore. Percussioni vibranti in sottofondo e fiati dal sapore esotico aprono alla fantasia di ciascuno spazi in continua espansione.
Una delle caratteristiche più sorprendenti di queste registrazioni è la dinamica dei passaggi,totalmente naturale, con un lavoro di sfumature cangianti talmente lente da far cadere l'io cosciente in una goduria estatica che solo la meditazione trascendentale è in grado di produrre. Ci si trova così da un inizio di note isolate di intonazione variabile ad ascoltare uccelli selvatici su gocce di pioggia (il tutto reso dalla fusione elettro-acustica non da campionamenti naturali) che avvolgono brevi melodie inquiete di voce o fiati. O da un semplice ritmo ossessivo il gruppo sviluppa un rituale con richiami tribali, ululati e ronzii ultraterreni. Cimbali e sonagli lo sorreggono, mentre i mantra si susseguono unendosi a spiriti elettronici.
Gli effetti che un tempo la musica orientale ricercava per esempio con le diplofonie della voce sono resi ora da distorsioni costanti attuate dall'elettronica sugli strumenti acustici, molti appartenenti alla tradizione persiana (ad esempio il santur), o violino e armonica, e anche l'eco non è più dato da catene montuose o da droghe allucinatorie ma dalle manopole opportunamente azionate.
Ogni traccia si evolve seguendo l'ispirazione del momento, il mutamento della filosofia taoista non potrebbe trovare compimento musicale più devoto. Le voci e gli strumenti riemergono e si perdono in un flusso continuo, per sparire infine in lontananza lasciando l'ascoltatore come al termine di un'ipnosi, incerto su quel che è appena stato.

Discografia

August 1974
July 15,1972
Oz Days 1973
Live In Stockholm 1971(1998)

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